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Confini

  • Immagine del redattore: Luisa Colombo
    Luisa Colombo
  • 24 ago 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Tanti, troppi, inutili confini... Linee di demarcazione che si trovano ovunque… Barriere che si pongono… Ostacoli da infrangere o da abbattere. Confini come margini da costruire o come rigidi recinti da distruggere.

Confini come limiti dentro e intorno a noi e noi, questi confini li abitiamo. Noi, rinchiusi nel nostro corpo, incorniciato da una sottile membrana di pelle, che racchiude tutto ciò che eravamo, che siamo e che saremo; noi segregati nei nostri pensieri e isolati nelle nostre idee. Confinati e troppo spesso radicati, nella convinzione di essere sempre meglio di...di qualcosa o di qualcuno. A volte limitanti, per chi ci sta intorno o limitati da sottili linee fluttuanti, che si aprono e si chiudono al ritmo dei battiti e dei respiri; linee morbide che vestono ogni nostro qui e ora. Confini come esili fibre di seta, che racchiudono spazi vitali o come rigidi pezzi arrugginiti di filo spinato, da cui ci facciamo avvolgere, sperando ci proteggano, ma che poi, ci rendono schiavi ingabbiandoci nelle nostre paure più cupe. Confini che la vita ci pone dinanzi…

Confini che si spostano di continuo, che sfuggono alla nostra flebile vista… Confini da raggiungere, da oltrepassare, confini da sconfiggere… Confini sottili ed impercettibili, intersecati da emozioni, che si fondono nelle profondità dell’abisso delle nostre anime, vittime della paura di riscoprirsi fragili. Confini che si schiudono e accolgono, confini che aprono spazi alla condivisione. Confini che diventano traguardi, che si sgretolano di fronte a spontanei gesti d’amore, che intrecciandosi a cenni di generosità inaspettata, si spalancano come cancelli, si aprono come dighe, per liberare inarrestabili scie di emozioni e travolgenti sentimenti; per donarli e per riceverli, in uno scambio continuo e in un perpetuo fluire, che come acqua limpida e pura, finalmente, disseta sterili terreni, resi aridi dai rigidi confini, dentro i quali, noi stessi ci siamo voluti imprigionare. “ (iCdL)


 
 
 

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