Gioventù malata. La conseguenza di adulti che hanno perso il piacere di educare
- Luisa Colombo
- 21 feb 2018
- Tempo di lettura: 3 min

"Anziano aggredito da cinque adolescenti che postano il video su Facebook."
" Diciassettenne che accoltella un coetaneo."
"Minorenni in moto, che colpiscono un passante, con una cassetta di frutta."
Le ennesime notizie di cronaca, le più recenti, che raccontano di una gioventù ,che fa della violenza gratuita ed incomprensibile, la propria bandiera, issata su un’asta vuota di valori e di principi. E sugli schermi si susseguono immagini, che hanno il sapore rancido di una società malata, a cui ci siamo voluti abituare, con la convinzione, che questo, possa essere l’unico modo per sopravvivere, almeno fino a quando gli eventi, non ci travolgono personalmente. Non mi interrogo sui colpevoli, ma sul perché, non siamo più in grado di trasmettere ai giovani, quei principi sani, che gli anziani ci hanno insegnato; gli stessi che oggi, vengono aggrediti e maltrattati, non solo per strada, ma anche nelle loro case e in quelle residenze, dove dovrebbero trovare assistenza e cura. Gli stessi anziani che hanno combattuto per la nostra libertà e per i valori sacri ed inviolabili, che sono i pilastri portanti dell’esistenza umana. Forse però, questi valori, sono soffocati sotto una montagna di indifferenza, di falsi principi e di un’etica stravolta e manipolata.
Forse perchè, la notra era, quella in cui i genitori si ostinano in modo malsano e tragico, a voler essere i migliori amici dei propri figli, è la conseguenza più logica di una realtà, dove il virtuale ha la supremazia; dove le relazioni si instaurano con una richiesta di amicizia, dove i post violenti e prepotenti, sono quelli che ottengono più visualizzazioni e dove le tante leggi, articolate da innumerevoli cavilli, sembrano lasciare in fondo alla lista delle priorità, la giustizia e l’uguaglianza. Potrei dire “poveri giovani“, che appaiono disorientati e disinteressati a tutto, che rifuggono la realtà, per rintanarsi nella virtualità di un mondo, che tesse legami irreali e vive di sola apparenza.
Potrei provare rabbia e rancore, verso queste nuove generazioni, che appaiono ingrate, verso chi ha fatto e continua a fare sacrifici.
Potrei provare pena, per questi giovani, che non riescono a gioire, per la bellezza delle cose semplici; che memorizzano istantaneamente, testi di brani saturi di volgarità e che hanno rimosso dai loro file mentali, paroline brevi ma significative, come grazie, prego, per piacere.
Potrei, ma a che servirebbe, puntare il dito, senza assumersi nessuna responsabilità e senza fermarsi quanto basta per chiedersi: “perché siamo arrivati a questo punto?” Siamo così impegnati a distribuire colpe, tra famiglie, troppo spesso lacerate ed inesistenti e una società altamente consumistica, che spinge sempre più a mettere in mostra ciò che abbiamo invece di ciò che siamo; che predilige e favorisce l'avere e non l’essere, anche se questo avere, è la conseguenza di azioni che ledono e violentano la libertà altrui.
L’errore più grande, è forse quello di concentrarsi a cercare punizioni e pene adeguate, senza interrogarsi sul perché, i nostri giovani, arrivino ad agire in questo modo.
Un sacerdote d’altri tempi, Don bosco, che ben conosceva il mondo dei giovani, quelli sani e quelli disagiati, disse che “L’educazione è cosa del cuore”. Può sembrare una frase banale e troppo semplice, ma la verità, è che oggi, più che mai, educare è diventata cosa complessa, perché si vede l’educazione, come una materia da insegnare e non come un’eredità da trasmettere,”; una disciplina, che famiglia, istituzioni e scuola, si rimpallano e si rimbalzano, con la speranza di capire, chi sia, a dover provvedere a questo arduo compito, che per quanto mi riguarda, credo spetti in primis alla famiglia.
E così facendo, il rispetto la cura e l’attenzione, non sono più quei principi che si assimilano da piccoli, fino a diventare parte integrante di ognuno di noi, ma sono delle iniezioni di corpi estranei, a cui i giovani si ribellano, perché nessuno insegna più loro, ad amare questi valori, che potrebbero migliorare il mondo.
Fortunatamente, poi ci sono giovani come Lorenzo, che senza esitare, si lancia sui binari della metropolitana, per salvare un bambino caduto accidentalmente, o come tanti altri, impegnati nel volontariato e associazioni benefiche, ma purtroppo, si sa, nella nostra società, fa notizia il brutto, il cattivo e il violento. Il buono...non è fonte di guadagno, non fa vendere e non alza audience.
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