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La catastrofe del ponte assasino

  • Immagine del redattore: Luisa Colombo
    Luisa Colombo
  • 16 ago 2018
  • Tempo di lettura: 2 min



C’era una volta una famiglia, che in viaggio verso le vacanze estive, da un viadotto, ammirava il mare dove li attendeva un traghetto... C’era una volta una ragazza, che attraversava un viadotto, per raggiungere la casa del suo fidanzato… C’erano una volta degli operai, che alla vigilia di Ferragosto, raccoglievano rifiuti sotto un viadotto… C’erano una volta uomini, donne, bambini… C’era una volta un ponte, che doveva unire e che invece ah ceduto, non ha retto sotto il peso degli anni e dell’incuria, di chi doveva vigilare per l’incolumità di coloro, che viaggiavano su quella lingua di asfalto, ormai obsoleta e quasi interamente sospesa nel vuoto. C’erano una volta e ora non ci sono più… Sono le vittime di questa società moderna, evoluta, che chiude gli occhi di fronte ai pericoli imminenti, come se non guardarli, servisse ad evitarli. Famiglie distrutte, bambini che non diventeranno mai adulti, esseri umani senza più futuro. Parlano di un destino scritto su ferri arrugginiti, visibili ad occhio nudo, di un fato inciso su quelle lastre usurate e frantumate. Una sorte certa, che sembrava urlasse tra quei tiranti di cemento armato, non più capaci di sostenere quel ponte; un ponte che doveva unire e che invece, ha separato per sempre. Quello che è accaduto, non è il dramma dei genovesi, è la tragedia dell’Italia intera, perché ognuno di noi, noi che tra ieri e oggi, siamo rimasti incollati davanti alla tv, con gli occhi lucidi e la morte nel cuore, potevamo trovarci su quel ponte, potevamo essere una vittima; oggi potevamo non esserci più. Si troveranno i colpevoli, o forse sì continuerà quell’interminabile danza di rimpalli, di mancanze, di colpe, di errori fatali, ma nulla di tutto questo, restituirà più alle vittime di questo crollo, la vita perduta e schiacciata sotto quelle macerie, sotto il peso dell’incuranza, della superficialità e della negligenza di uomini, a cui era affidata la sicurezza di tutti coloro che ogni giorno, percorrevano quel ponte maledetto. In questi momenti, viene da chiedersi perché, come sia possibile che nel 2018, accadano ancora queste tragedie...perché! Forse ora dovremmo far tacere le inutili polemiche e lasciare che ingegneri, tecnici, esperti del settore trovino le risposte... Io non ne ho e mentre le immagini scorrono sugli schermi, non riesco a non chiedermi cosa avrà provato quella povera gente, quando il crollo, li ha fatti precipitare nel vuoto; quanti sogni e desideri, ora seppelliti sotto i blocchi di cemento armato sgretolato, avevano ancora da realizzare. Chissà chi avrebbero voluto abbracciare, a chi avrebbero voluto urlare l’ultimo ti voglio bene, a chi avrebbero voluto dedicare gli ultimi respiri per un ti amo, che forse, in quel volo maledetto e’ stato spazzato via dalla violenza del crollo. Telefoni incandescenti, che incessantemente attendevano una risposta mai giunta, messaggi a cui nessuno risponderà mai più... Su quel viadotto traditore, un destino bastardo, ignobilmente favorito da gentaglia senza coscienza, ha rubato l’esistenza a troppe persone, che non meritavano di pagare con la vita, un prezzo così alto e ora, tra quell’ammasso di macerie e lamiere contorte, di auto e camion, immobili su quei monconi di catrame marcito, resta solo il tempo per gli addii silenziosi, che a due passi dal mare, affogano nel silenzio della disperazione, una tragedia, l’ennesima tragedia, purtroppo annunciata. (iCdL - Luisa Colombo)

 
 
 

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