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  • Immagine del redattoreLuisa Colombo

Tragedie ai tempi del Corona Virus



Guardo attonita alla tv il servizio su un recente suicidio e mi trovo a fare il punto della situazione, il mio punto, quello personale, che più che un punto è il tentativo di misurare il baratro in cui siamo sprofondati... o ci hanno spinto.

Prima la superficiale noncuranza nei confronti di qualcosa che sembrava così lontano dal nostro stivale e che pareva impossibile ci colpisse, perché noi i pipistrelli non li mangiamo.

Poi i primi contagi e la chiusura delle prime zone rosse che comparivano senza tregua alla tv, segnalate su cartine che le facevano somigliare a tanti Roswell italiani; peccato che non si riuscisse mai a capire realmente, cosa stesse accadendo all'interno di quei cerchi.

Poi la voglia di mostrarci incoscientemente superiori a questo Re, sfidandolo a suon di aperitivi e raduni, con la certezza di essere immuni a questa peste; quella stessa certezza che ci autorizzava a sbattercene dei consigli di chi in questa storia, ci aveva visto lungo.

Ma poi ecco i primi decessi, i pareri contrastanti dei virologi, gli ospedali saturi, le terapie intensive traboccanti, le immagini di medici, di infermieri e operatori sanitari stremati dalla guerra combattuta quotidianamente in prima linea, ma soprattutto, dalle condizioni precarie in cui operavano e da quelle croci di enorme sofferenza morale, di cui si sono dovuti fare carico.

Poi i comunicati ufficiali del Governo, espressi con un linguaggio che ci ha fatto illudere che loro stessero dalla nostra parte, che stessero combattendo e lottando per noi, cercando soluzioni con la stessa velocità in cui si trova un ago in un pagliaio e che lasciavano sempre più spazio ai dubbi piuttosto che alle certezze...

Ma ecco il "Lockdown"... in italiano chiusura totale, ma noi popolo evoluto che predilige la lingua inglese alla nostra, abbiamo cominciato ad indicare così quella chiusura, che scritta in quel modo suonava meno drammatica.

E le fughe sconsiderate e scriteriate da una regione all'altra...

La chiusura totale delle scuole, di alcune attività, poi delle fabbriche, poi guanti, mascherine, disinfettanti e la crescente paura di contrarre questo virus bastardo, che ad ogni colpo di tosse, compresi quelli causati dalla saliva che andava di traverso, ci faceva raggelare il sangue e ci costringeva ad infilarci il termometro sotto l'ascella.

Poi chilometriche code davanti ai supermercati, come se il fare scorta di cibi, ci facesse sentire meno vulnerabili e il divieto di entrare in una chiesa e inginocchiarsi davanti a quel Cristo in croce, per una preghiera, per un po di conforto e per trovare rifugio in qualcuno che non tradisce mai.

E i contagi aumentavano e con loro i decessi e intanto tanti amati anziani e nonni, i nostri nonni, ci venivano strappati via... ma tanto erano solo vecchi...

E siamo andati avanti comunque, con la voglia di reagire, nonostante fossimo tutti o quasi, trincerati nelle nostre case a combattere con quel silenzio che aveva inondato le nostre strade, i nostri paesi, le nostre città e faceva rimbombare il solo suono delle ambulanze che ripetutamente sfrecciavano a prestare soccorso.

E allora via, con le canzoni urlate a squarciagola dai balconi, con l'Inno a tutto volume, quel "Fratelli d'Italia" che ci faceva sentire tanto uniti, così almeno sembrava. Ma il tempo passava I N E S O R A B I L E e I N C L E M E M E N T E e nonostante le tante promesse di aiuto e sostegno dello Stato, nonostante la temporanea sospensione dei mutui e lo slittamento inutile delle scadenze; inutile perché se i soldi non ci sono oggi non ci saranno nemmeno domani, abbiamo assistito all'arrivo di una primavera giunta in un clima di desolazione totale.

Una stagione che prepotentemente e incurante di tutto ciò che stava accadendo, ha accompagnato il risveglio di piante, animali e fiori e ci ha visti spettatori, costretti dietro le finestre delle nostre case, della rivalsa della natura sull'uomo.

E intanto i camion dell'esercito trasportavano senza un attimo di tregua i cadaveri ai quali non è stato nemmeno concesso di essere accompagnati alla sepoltura dai propri cari, regalandoci quell'immagine drammatica che resterà nella nostra memoria fino alla fine dei nostri giorni e che ci tramanderemo di generazione in generazione.

E molto... molto altro ci sarebbe da dire e da scrivere, ma mi fermo e mi chiedo, pensando a quella povera anima suicida dilaniata dalla disperazione e dal senso di impotenza: “Quanto grande è il male che ci ha causato questo invisibile nemico è quanta la responsabilità di chi non ha immediatamente messo in atto soluzioni per arginare questa valanga che ci avrebbe travolti, senza chiedere carta d’identità o codice fiscale o cittadinanza?”

Già, quanto è immenso, perché non è soltanto il dolore causato dalla sofferenza di aver perso le persone care, che già di per sé è insopportabile, dall'essersi ammalati, dal non essere potuti stare accanto alle persone che amiamo...

Questo bastardo ci ha fatto perdere il lavoro, sta distruggendo le famiglie, ci sta facendo buttare nella fogna anni e anni di sacrifici e di fatiche indicibili e a quanto pare a nessuno frega nulla, in primis a quelli che dovrebbero sostenerci.

È vero, le terapie Intensive si sono svuotate, ma si stanno riempiendo i banchi dei pegni... ma prima o poi finiranno anche gli anelli e i bracciali e nel frattempo, sono sempre di più gli italiani che non hanno più un soldo per sfamare i loro figli, pagare i dipendenti e provvedere al sostentamento dei propri cari e io, che so cosa significa annaspare, non riesco a giudicare e condannare chi, per un corto circuito emotivo, ha ceduto alla debolezza e alla fragilità di un momento di grande sofferenza ed è arrivato a togliersi la vita per la paura di non poter più andare avanti... e qui mi fermo! #andráTUTTObene ?... Questa sera questa non è più un’affermazione ma un’abissale domanda e per quanto io sia ottimista e stia cercando di sforzarmi per pensare che possa davvero essere così, stasera non vedo nulla di buono all’orizzonte.


(iCdLx - 9 maggio 2020)

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