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Un emozione all'improvviso...nella sala d'aspetto di un ospedale

  • Immagine del redattore: Luisa Colombo
    Luisa Colombo
  • 13 mag 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Poco fa, mentre sfogliavo un vecchio quaderno di appunti sciogliendo il miele nella mia tisana notturna, ho ritrovato un ricordo impresso su alcuni fogli volanti, steso con una grafia quasi illeggibile, probabilmente per la velocità con cui scrivevo, per cercare di non dimenticare nemmeno un attimo di quella preziosa testimonianza, che avevo ricevuto una sera uguale a tante altre, resa improvvisamente diversa da un malore di mia figlia e dal racconto di un padre, conosciuto nella sala d’aspetto di un ospedale. Un racconto che altro non è, che una testimonianza di vita vera offerta con grande umanità e genuina commozione...

Sala d'aspetto della pediatria dell'ospedale Manzoni di Lecco.

Come spesso accade in queste occasioni, si diventa tutti piu' sensibili e umani; forse perche' tra quelle pareti di cemento armato e puzza di disinfettante, si riesce a mettere in disparte l’indifferenza e si scambia qualche parola con chi condivide con te quello spazio. Ci si avvicina prima con gli sguardi, poi verbalmente, con frasi che nelle astanterie sembrano dei rituali... "Come mai qua?" "Sta meglio ora?" "Andrà tutto bene". Parole di convenienza?

Forse, ma soprattutto parole di condivisione, che in quegli spazi si trasformano in parole di sostegno reciproco. E dopo quelle frasi di umano contatto, che abbattono i muri della diffidenza, quel papà seduto di fronte a noi, mi guarda sorridendo e mi dice: “Sa signora, oggi i nostri ragazzi non parlano più, non capiscono quanto sia bello guardare una persona e comunicare". Quell’uomo era lì con la moglie e la figlia. Abbiamo continuato a parlare, mi ha raccontato sprazzi della sua vita, una vita intrisa di sofferenze, trascorsa itinerando forzatamente da un istituto per ragazzi abbandonati ad un altro.

Raccontava con gli occhi lucidi, a tratti accarezzando la figlia con una dolcezza infinita. Raccontava di momenti che hanno lasciato segni profondi; segni sul corpo e segni sull'anima. Raccontava di quanto non desiderasse soldi o oggetti, ma il calore di una famiglia, l'affetto di una madre e di un padre; quell’affetto che gli era mancato nella sua infanzia. I suoi occhi commossi, mi sono rimasti impressi nella mente; dalla sua voce non traspariva commiserazione o vittimismo, era una voce satura di immagini, impregnate di emozioni fortissime, che si percepivano non solo con le orecchie ma con il cuore. Dopo esserci presentati, gli ho chiesto se non avesse mai pensato di raccontare la sua esperienza nelle scuole. Non e' forse un nostro dovere aiutare i nostri ragazzi, ad essere piu' sensibili, ad essere "emotivamente” allenati agli eventi a cui la vita ci mette di fronte?! Mi ha sorriso e mi ha detto: " Sai, mi piacerebbe moltissimo". La semplicità e la dolcezza di quel padre, hanno incorniciato una serata pessima, regalandole un senso inaspettato ed inatteso. Quando sono uscita dall'ospedale, tenevo mia figlia per mano e mentre ci avvicinavamo all'auto, lei si e' fermata e mi ha detto: " Mamma, siamo proprio fortunate... deve essere bruttissimo vivere senza che nessuno ti voglia bene. (iCdL)

 
 
 

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