- Luisa Colombo
- 10 mag 2020
- Tempo di lettura: 3 min

a riempire i locali, i cinema, i teatri…ma quando?
I nostri figli torneranno a scuola, all’università…ma quando?
Torneremo a stringerci le mani per strada, al parco, alle feste…ma quando?
Torneremo ad abbracciarci, oh si che torneremo ad abbracciarci, perché mai come ora ne abbiamo bisogno. Forse questo virus ci sta insegnando più cose di quante ne potessimo immaginare; questo microscopico imprevisto, sta cambiando la vita di tutti noi, da nord a sud, da est a ovest, non solo nella nostra bella Italia, ma in tutto il resto del mondo.
Avevamo bisogno di un virus per renderci conto che siamo tutti umani, tutti uguali, aldilà del taglio degli occhi, del colore dei capelli, della lingua, della religione e della politica? Doveva pensarci un microrganismo a tirarci quella palata che ci ha piegato le gambe, che ci ha costretti a rallentare anche a fermarci e a considerare davvero chi siamo e dove siamo, ma soprattutto chi vogliamo essere e come vogliamo essere.
E intanto...intanto abbiamo bisogno di abbracci, perché cominciano a mancare quei contatti umani che ci facevano sentire vicini. Le notizie che arrivano dagli ospedali, ci lasciano un groppone in gola, dopo ogni relazione che ci consegna dentro casa, i numeri dei contagiati, dei decessi, dei guariti; notizie che ci strappano di dosso l’abito dell’indifferenza, quello che fino a poco tempo fa, ci faceva dire: “Beh, finché succede in Cina…”
Ma ora sta accadendo qui da noi e quell’indifferenza che ora la paura sta sgretolando, è la stessa che accompagnata dall’egoismo, ci vestiva, quando ci voltavamo da un’altra parte a notizie che avrebbero dovuto smuovere le anime, perché legate a vicende che coinvolgevano altri esseri umani. Quest’invadente e contagioso ospite indesiderato, non si sta insinuando solo nei nostri polmoni, ma nelle nostre coscienze. Ci ha fatti riscoprire ansiosi, timorosi, paurosi di ammalarci di qualcosa per cui ancora non esiste una cura certa, ma eravamo già malati; malati di egoismo, di egocentrismo e di troppo individualismo.
Il coronavirus ha messo a nudo la nostra vera identità di esseri umani e riportato a galla debolezze e fragilità, che giorno per giorno cerchiamo di nascondere. E ora…solo ora che giriamo con litri di disinfettante in borsa, col viso coperto da mascherine, mantenendo la distanza di sicurezza, forse solo ora, ci rendiamo conto di quanto ci mancano quegli abbracci che davamo per scontati, che ci emozionavano, che ci si scambiava per strada, nei corridoi di un carcere, tra le corsie di un ospedale, nascosti in un auto.
Solo ora forse, ci rendiamo conto di quanto ci mancano quei famosi tre baci sulla guancia, che rafforzavano un saluto e quanto ci mancano quei gesti, che ora ci sono stati vietati da inevitabili protocolli anticontagio. Ma mai, mai dovremmo dimenticare ciò che stiamo vivendo, non dovremmo scordarci mai di quanto avevamo e di quanto stiamo rischiando di perdere, per colpa di questo subdolo nemico visibile solo con un microscopio e dovremmo sempre ricordare la generosità e l'altruismo di chi, in questo momento di crisi, si è schierato in prima linea; di medici, infermieri, volontari, forze dell’ordine, che stanno anteponendo il bene comune al loro, che stanno sacrificando le loro famiglie e le loro relazioni per garantire la sicurezza e la salute della popolazione.
Non dovremo scordare mai, quello che Mr Covid-19, ci ha brutalmente insegnato... che siamo essere umani, non siamo onnipotenti, non siamo nati per essere egoisti, per pensare solo ad arricchirci a discapito dell’ambiente e dei più deboli; dobbiamo abbandonare quella coltre di indifferenza e di egoismo che ci accompagna e ricominciare a dare valore alle relazioni umane, all’amicizia, all’amore, ai sentimenti e alle emozioni, perché solo questi ci rendono migliori e solo questi ci rendono davvero umani. Dovremmo ricominciare a dire “ti voglio bene”, “ti amo”, ad abbracciarci, perché nulla di tutto ciò è scontato e il Coronavirus, ce lo sta ampiamente insegnando.
(iCdLx - 7 marzo 2020)