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  • Immagine del redattoreLuisa Colombo

Ciao Antonietta, Guardo le immagini che riempiono il frequentato mondo virtuale e che quasi tutti i giorni scorrono nei tg e nei rotocalchi mattutini e pomeridiani e ti vedo lì, sorridente con le tue creature, con le tue preziose pepite d’oro. Guardo il tuo sorriso fiero ed orgoglioso, quello che qualunque madre ha stampato sul viso, quando tiene accanto le sue perle e mi chiedo quanta indicibile sofferenza potesse e volesse nascondere.

Antonietta, mamma coraggiosa, quanto hai sopportato per amore dei tuoi angeli... Antonietta, moglie devota, che per rispettare la promessa fatta dinnanzi a Dio, hai sacrificato la tua vita, per proteggere un uomo che ti ha tradita, maltrattata, umiliata e che ha armato la sua mano diabolica, per caricarti sulle spalle, la croce più pesante che una donna sia costretta a portare, quella inzuppata del sangue delle sue figlie adorate, trasformando il tempo che ti resterà da vivere, nell'interminabile risalita verso quel monte calvario, che né tu, né nessun'altra donna, meriterebbe di dover percorrere mai. Antonietta, ho pregato per te, perché tu sei tutte noi e chiunque poteva essere al tuo posto; ho pregato, perché per quanto io ami la vita, speravo che Dio ti facesse esalare l’ultimo respiro e ti accompagnasse da Alessia e Martina, quei due angeli che hanno pagato con la loro vita, la fragilità di un uomo malato, di colui che doveva amarle più della sua stessa esistenza e che volutamente ti ha brutalmente strappato via, per infliggerti una punizione eterna che non avrà mai fine! Vi guardo, perché anche se ora loro sono altrove, tra le braccia del Padre Celeste, quando guardi una madre, non puoi non vedere accanto a lei i suoi figli e mi chiedo come farai ora, a sopportare l’immenso dolore, che questo padre e compagno ti ha causato.

Ti guardo e mi chiedo con il respiro affannato, interrotto dalla commozione che ogni donna madre, non può non provare, chi ora potrà mai aiutarti, se non Dio, se non Maria, costretta a vivere lo stesso dolore, a colmare quel vuoto lasciato da Alessia e Martina.

Ora le domande sono inutili; sono superflui i forse e sono inaccettabili i “se avessimo detto”, “se fossimo intervenuti”.

Sono morte tre persone! Tre sono le vittime di questa ennesima tragedia annunciata; le tue bambine e tu Antonietta, perché io, da madre ora, so che la tua non sarà più una vita, sarà una sopravvivenza, perché non esiste madre che possa sopravvivere ad una perdita così grave.

Antonietta, tu sei donna di gran fede e Dio e la fede in lui, ci fa accettare ciò che ancora non possiamo comprendere, ma io mi chiedo perché, mi chiedo che ne sarà ora.... perché Dio, hai lasciato che ciò accadesse? Come può un padre annientare la vita che ha donato... Parlano di amore malato, parlano sempre delle stesse cose, blaterando sempre le stesse inutili giustificazioni e propinando continuamente, le solite e ormai superflue spiegazioni.

Parlano di gelosia, di tradimenti, parlano di paura, tua e delle tue figlie, parlano di gesti violenti, di prevaricazioni, di continue richieste di aiuto, parlano...parlano...parlano e fanno a gara a chi racconta più dettagli, ma l’unica verità, è che nessuno ha saputo proteggere te e le tue figlie e se quell’uomo, che indegnamente portava quella divisa, segno di onore, rispetto e valori imprescindibili, uno su tutti la vita, è colpevole di un così atroce delitto, allo stesso modo, colpevoli, sono coloro che hanno riarmato le mani, di quella bestia indegna di essere chiamato padre; un crimine efferato e progettato, per il quale forse un vita, non basterà nemmeno per provare a perdonare.

Una violenza premeditata, che prima ti ha ferita e che poi ha ucciso quelle due anime innocenti e senza colpa. Antonietta, forse ora sono solo i farmaci a darti sollievo, ma io spero che tu possa trovare nella fede in Dio, nell'amore eterno per Martina e Alessia e nella speranza, di poterle riabbracciare un giorno, il coraggio per continuare a camminare in questo mondo, che ti vedrà confinata in questo dolore, che forse qualcuno poteva evitare, che certamente qualcuno doveva evitare e per il quale, sicuramente, ora e in eterno, qualche essere superficiale, porterà marchiato sulla coscienza, il peso di questo disumano dolore, di cui tutti, allo stesso modo, siamo responsabili.

(Luisa Colombo - iCdL)

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  • Immagine del redattoreLuisa Colombo

Dall’inferno di “Amor, ch'a nullo amato amar perdona”, alla brutal realtà... Percosse e vocaboli acidi che corrodono...termini duri e colpi...

Lividi, che prima o poi spariscono, lasciando incisi nella memori, i segni e il suono delle parole, che fanno sanguinare l’anima...

Catene di lettere che colpendo, hanno strappato lembi di cuore, riducendolo come un pezzo di carne a brandelli, stretto tra le fauci di una belva assetata di sangue.

Ferite che cancllano un’identità, quella di una donna; riducendola come una bambola di pezza, continuamente rattoppata e ricucita, che non ha più nemmeno la forza di reggersi sulle sue stanche gambe stremate.

Strappi cuciti con fili d'oro; ricuciti e rammendati, celati sotto quegli abiti di apparente normalità.

Sguardo fisso, verso un futuro immerso nella nebbia, invisibile, inaccessibile, ma più di ogni altra cosa, inaccettabile.

Presa, lanciata, stretta, amata, odiata, disprezzata; abbracciata e baciata da quel Giuda inquisitore, che affida alle sue mani e alle sue labbra, sentenze, punitive senza diritto di difesa.

Punita ed incolpata per il troppo amore, ma non verso se stessa.

Punita e uccisa dal troppo amore, verso chi di quella parola, non ha mai conosciuto il significato. “ Luisa Colombo - iCdL

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"Anziano aggredito da cinque adolescenti che postano il video su Facebook."

" Diciassettenne che accoltella un coetaneo."

"Minorenni in moto, che colpiscono un passante, con una cassetta di frutta."


Le ennesime notizie di cronaca, le più recenti, che raccontano di una gioventù ,che fa della violenza gratuita ed incomprensibile, la propria bandiera, issata su un’asta vuota di valori e di principi. E sugli schermi si susseguono immagini, che hanno il sapore rancido di una società malata, a cui ci siamo voluti abituare, con la convinzione, che questo, possa essere l’unico modo per sopravvivere, almeno fino a quando gli eventi, non ci travolgono personalmente. Non mi interrogo sui colpevoli, ma sul perché, non siamo più in grado di trasmettere ai giovani, quei principi sani, che gli anziani ci hanno insegnato; gli stessi che oggi, vengono aggrediti e maltrattati, non solo per strada, ma anche nelle loro case e in quelle residenze, dove dovrebbero trovare assistenza e cura. Gli stessi anziani che hanno combattuto per la nostra libertà e per i valori sacri ed inviolabili, che sono i pilastri portanti dell’esistenza umana. Forse però, questi valori, sono soffocati sotto una montagna di indifferenza, di falsi principi e di un’etica stravolta e manipolata.

Forse perchè, la notra era, quella in cui i genitori si ostinano in modo malsano e tragico, a voler essere i migliori amici dei propri figli, è la conseguenza più logica di una realtà, dove il virtuale ha la supremazia; dove le relazioni si instaurano con una richiesta di amicizia, dove i post violenti e prepotenti, sono quelli che ottengono più visualizzazioni e dove le tante leggi, articolate da innumerevoli cavilli, sembrano lasciare in fondo alla lista delle priorità, la giustizia e l’uguaglianza. Potrei dire “poveri giovani“, che appaiono disorientati e disinteressati a tutto, che rifuggono la realtà, per rintanarsi nella virtualità di un mondo, che tesse legami irreali e vive di sola apparenza.

Potrei provare rabbia e rancore, verso queste nuove generazioni, che appaiono ingrate, verso chi ha fatto e continua a fare sacrifici.

Potrei provare pena, per questi giovani, che non riescono a gioire, per la bellezza delle cose semplici; che memorizzano istantaneamente, testi di brani saturi di volgarità e che hanno rimosso dai loro file mentali, paroline brevi ma significative, come grazie, prego, per piacere.

Potrei, ma a che servirebbe, puntare il dito, senza assumersi nessuna responsabilità e senza fermarsi quanto basta per chiedersi: “perché siamo arrivati a questo punto?” Siamo così impegnati a distribuire colpe, tra famiglie, troppo spesso lacerate ed inesistenti e una società altamente consumistica, che spinge sempre più a mettere in mostra ciò che abbiamo invece di ciò che siamo; che predilige e favorisce l'avere e non l’essere, anche se questo avere, è la conseguenza di azioni che ledono e violentano la libertà altrui.

L’errore più grande, è forse quello di concentrarsi a cercare punizioni e pene adeguate, senza interrogarsi sul perché, i nostri giovani, arrivino ad agire in questo modo.

Un sacerdote d’altri tempi, Don bosco, che ben conosceva il mondo dei giovani, quelli sani e quelli disagiati, disse che “L’educazione è cosa del cuore”. Può sembrare una frase banale e troppo semplice, ma la verità, è che oggi, più che mai, educare è diventata cosa complessa, perché si vede l’educazione, come una materia da insegnare e non come un’eredità da trasmettere,”; una disciplina, che famiglia, istituzioni e scuola, si rimpallano e si rimbalzano, con la speranza di capire, chi sia, a dover provvedere a questo arduo compito, che per quanto mi riguarda, credo spetti in primis alla famiglia.

E così facendo, il rispetto la cura e l’attenzione, non sono più quei principi che si assimilano da piccoli, fino a diventare parte integrante di ognuno di noi, ma sono delle iniezioni di corpi estranei, a cui i giovani si ribellano, perché nessuno insegna più loro, ad amare questi valori, che potrebbero migliorare il mondo.

Fortunatamente, poi ci sono giovani come Lorenzo, che senza esitare, si lancia sui binari della metropolitana, per salvare un bambino caduto accidentalmente, o come tanti altri, impegnati nel volontariato e associazioni benefiche, ma purtroppo, si sa, nella nostra società, fa notizia il brutto, il cattivo e il violento. Il buono...non è fonte di guadagno, non fa vendere e non alza audience.

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Ciao, sono qui per raccontarti ciò che vivo,

le esperienze delle anime che incrociano il mio cammino

e quelle che hanno segnato la mia esistenza.

Qui ti parlo della mia vita, dei miei pensieri, delle mie riflessioni.

Se ti va di leggermi, di commentare, di esprimere il tuo punto di vista, sei libero di farlo...

Credo che la condivisione,

sia una delle esperienze migliori della vita.

Grazie Luisa

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