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  • Immagine del redattoreLuisa Colombo

Quanto manca la banale normalità di qualche tempo fa, quella in cui anche il solo tenersi per mano era una cosa scontata, mai abbastanza apprezzata!

Ora manca tutto, non solo tenere una mano... mancano gli abbracci, mancano i baci, manca la semplicità di gesti che forse, senza che ce ne fossimo mai accorti, erano il miele della nostra esistenza.

Gesti semplici, che hanno lasciato un grande vuoto, gesti di cui oggi sentiamo un grande bisogno, perché il nostro cuore e i nostri corpi ne rivendicano il diritto.

Quel contatto di cui abbiamo bisogno, così come abbiamo bisogno di aria e di acqua, per ritrovare chi amiamo, per condividere emozioni e sentimenti fatti di gesti, che non hanno bisogno di parole.

Ma in un'epoca digitale, in cui pareva che l'unica cosa senza cui si potesse stare fosse la tecnologia, i tablet, i cellulari e i PC, ci siamo resi conto, nello scorrere di questa reclusione forzata, che abbiamo bisogno di quei segni d'amore, di amicizia, di tenerezza indispensabili e irrinunciabili.

La tecnologia ci ha permesso di vederci attraverso uno schermo, di ascoltare le voci filtrate, di regalarci parole che hanno decorato messaggi e lettere, ma tutto ciò non basta più, perché il nostro essere umani, ora reclama il bisogno di perdersi dentro quell'abbraccio, di riavvolgere quel filo invisibile che fino ad ora ci ha tenuti distanti e di immergerci nuovamente in quei silenziosi momenti, in cui finalmente saremo così vicini da sfiorarci davvero ed abbandonarci in quell’abbraccio che consolerà i nostri cuori.

(ICdLx)

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L’università della vita mi ha insegnato molte cose e tra queste una preziosa, che ho compreso solo da qualche anno; da quando anche io ho avuto la gioia di diventare madre. Mi ha fatto capire che non esiste al mondo amore più grande di quello di una madre. Lei è quella che fa sempre tutto ciò di cui è capace, per ciò che crede essere il bene dei propri figli. Protegge come le è possibile fare e aiuta con i mezzi di cui dispone.

Sorregge come può, facendo i conti con i propri limiti... perché non bisognerebbe dimenticare mai, che anche una mamma è umana. Ho capito che a fare la mamma te lo insegnano i figli, che tu li abbia partoriti o adottati; perché una mamma è colei che dona amore e lo fa senza chiedere nulla in cambio. Ho capito che per fare la mamma serve un grande cuore, non un grosso conto in banca, perché l’amore non si può comprare. Ho compreso che non ci si può mai permettere di criticare un’altra madre, perché non si può sapere come ci starebbero addosso i suoi abiti, senza prima indossarli. Fai la mamma ogni giorno e ogni giorno speri e preghi di essere un esempio, un punto di riferimento, un porto sicuro, dove le tue navi possono tornare e attraccare in attesa che si calmi la tempesta, e dove si possono sempre sentire libere di ripartire. Fai la mamma e scopri di dover fare i conti con paure che prima nemmeno sapevi esistessero e la cosa pazzesca, è che non hai paura per te, ma per quelle creature che danno un senso alla tua vita e ti rendi conto che devi avere la forza di sorridere, anche quando ti sentì soffocare dalle lacrime che ingoi. Essere mamma ti insegna a superare quei momenti cupi, in cui tutti dispensano consigli, criticano scelte, giudicano decisioni, e tu vai avanti imperterrita perché sai bene quanto è solido quello che hai costruito. Quanti sacrifici e umiliazioni è capace di sopportare una mamma e lo fa a testa alta, perché sa che sta lottando per loro, per dar loro un futuro migliore, per dimostrare loro che l’onestà e il rispetto della dignità, vengono prima di tutto e avere il coraggio di credere nelle proprie idee e di portarle avanti, prima o poi paga così come pagano le rinunce. Fare la mamma, la facoltà universitaria che non finisce mai; che ha sessioni d’esame infinite a cui solo il tempo darà una valutazione. Fare la mamma però è più semplice, se hai avuto la fortuna di essere cresciuta in una famiglia solida, di sani principi, con pochi soldi ma tanto, tanto amore e con la semplicità della Mariuc, che ancora oggi, che abbiamo io quasi 50 anni e mia sorellina quasi 40, ci rimprovera come quando eravamo ragazzine... E allora BUONA FESTA DELLA MAMMA a tutte le mamma e alla mia mamma, perché se siamo quello che siamo, lo dobbiamo anche te!!!!

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Guardo attonita alla tv il servizio su un recente suicidio e mi trovo a fare il punto della situazione, il mio punto, quello personale, che più che un punto è il tentativo di misurare il baratro in cui siamo sprofondati... o ci hanno spinto.

Prima la superficiale noncuranza nei confronti di qualcosa che sembrava così lontano dal nostro stivale e che pareva impossibile ci colpisse, perché noi i pipistrelli non li mangiamo.

Poi i primi contagi e la chiusura delle prime zone rosse che comparivano senza tregua alla tv, segnalate su cartine che le facevano somigliare a tanti Roswell italiani; peccato che non si riuscisse mai a capire realmente, cosa stesse accadendo all'interno di quei cerchi.

Poi la voglia di mostrarci incoscientemente superiori a questo Re, sfidandolo a suon di aperitivi e raduni, con la certezza di essere immuni a questa peste; quella stessa certezza che ci autorizzava a sbattercene dei consigli di chi in questa storia, ci aveva visto lungo.

Ma poi ecco i primi decessi, i pareri contrastanti dei virologi, gli ospedali saturi, le terapie intensive traboccanti, le immagini di medici, di infermieri e operatori sanitari stremati dalla guerra combattuta quotidianamente in prima linea, ma soprattutto, dalle condizioni precarie in cui operavano e da quelle croci di enorme sofferenza morale, di cui si sono dovuti fare carico.

Poi i comunicati ufficiali del Governo, espressi con un linguaggio che ci ha fatto illudere che loro stessero dalla nostra parte, che stessero combattendo e lottando per noi, cercando soluzioni con la stessa velocità in cui si trova un ago in un pagliaio e che lasciavano sempre più spazio ai dubbi piuttosto che alle certezze...

Ma ecco il "Lockdown"... in italiano chiusura totale, ma noi popolo evoluto che predilige la lingua inglese alla nostra, abbiamo cominciato ad indicare così quella chiusura, che scritta in quel modo suonava meno drammatica.

E le fughe sconsiderate e scriteriate da una regione all'altra...

La chiusura totale delle scuole, di alcune attività, poi delle fabbriche, poi guanti, mascherine, disinfettanti e la crescente paura di contrarre questo virus bastardo, che ad ogni colpo di tosse, compresi quelli causati dalla saliva che andava di traverso, ci faceva raggelare il sangue e ci costringeva ad infilarci il termometro sotto l'ascella.

Poi chilometriche code davanti ai supermercati, come se il fare scorta di cibi, ci facesse sentire meno vulnerabili e il divieto di entrare in una chiesa e inginocchiarsi davanti a quel Cristo in croce, per una preghiera, per un po di conforto e per trovare rifugio in qualcuno che non tradisce mai.

E i contagi aumentavano e con loro i decessi e intanto tanti amati anziani e nonni, i nostri nonni, ci venivano strappati via... ma tanto erano solo vecchi...

E siamo andati avanti comunque, con la voglia di reagire, nonostante fossimo tutti o quasi, trincerati nelle nostre case a combattere con quel silenzio che aveva inondato le nostre strade, i nostri paesi, le nostre città e faceva rimbombare il solo suono delle ambulanze che ripetutamente sfrecciavano a prestare soccorso.

E allora via, con le canzoni urlate a squarciagola dai balconi, con l'Inno a tutto volume, quel "Fratelli d'Italia" che ci faceva sentire tanto uniti, così almeno sembrava. Ma il tempo passava I N E S O R A B I L E e I N C L E M E M E N T E e nonostante le tante promesse di aiuto e sostegno dello Stato, nonostante la temporanea sospensione dei mutui e lo slittamento inutile delle scadenze; inutile perché se i soldi non ci sono oggi non ci saranno nemmeno domani, abbiamo assistito all'arrivo di una primavera giunta in un clima di desolazione totale.

Una stagione che prepotentemente e incurante di tutto ciò che stava accadendo, ha accompagnato il risveglio di piante, animali e fiori e ci ha visti spettatori, costretti dietro le finestre delle nostre case, della rivalsa della natura sull'uomo.

E intanto i camion dell'esercito trasportavano senza un attimo di tregua i cadaveri ai quali non è stato nemmeno concesso di essere accompagnati alla sepoltura dai propri cari, regalandoci quell'immagine drammatica che resterà nella nostra memoria fino alla fine dei nostri giorni e che ci tramanderemo di generazione in generazione.

E molto... molto altro ci sarebbe da dire e da scrivere, ma mi fermo e mi chiedo, pensando a quella povera anima suicida dilaniata dalla disperazione e dal senso di impotenza: “Quanto grande è il male che ci ha causato questo invisibile nemico è quanta la responsabilità di chi non ha immediatamente messo in atto soluzioni per arginare questa valanga che ci avrebbe travolti, senza chiedere carta d’identità o codice fiscale o cittadinanza?”

Già, quanto è immenso, perché non è soltanto il dolore causato dalla sofferenza di aver perso le persone care, che già di per sé è insopportabile, dall'essersi ammalati, dal non essere potuti stare accanto alle persone che amiamo...

Questo bastardo ci ha fatto perdere il lavoro, sta distruggendo le famiglie, ci sta facendo buttare nella fogna anni e anni di sacrifici e di fatiche indicibili e a quanto pare a nessuno frega nulla, in primis a quelli che dovrebbero sostenerci.

È vero, le terapie Intensive si sono svuotate, ma si stanno riempiendo i banchi dei pegni... ma prima o poi finiranno anche gli anelli e i bracciali e nel frattempo, sono sempre di più gli italiani che non hanno più un soldo per sfamare i loro figli, pagare i dipendenti e provvedere al sostentamento dei propri cari e io, che so cosa significa annaspare, non riesco a giudicare e condannare chi, per un corto circuito emotivo, ha ceduto alla debolezza e alla fragilità di un momento di grande sofferenza ed è arrivato a togliersi la vita per la paura di non poter più andare avanti... e qui mi fermo! #andráTUTTObene ?... Questa sera questa non è più un’affermazione ma un’abissale domanda e per quanto io sia ottimista e stia cercando di sforzarmi per pensare che possa davvero essere così, stasera non vedo nulla di buono all’orizzonte.


(iCdLx - 9 maggio 2020)

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Ciao, sono qui per raccontarti ciò che vivo,

le esperienze delle anime che incrociano il mio cammino

e quelle che hanno segnato la mia esistenza.

Qui ti parlo della mia vita, dei miei pensieri, delle mie riflessioni.

Se ti va di leggermi, di commentare, di esprimere il tuo punto di vista, sei libero di farlo...

Credo che la condivisione,

sia una delle esperienze migliori della vita.

Grazie Luisa

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